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domenica 25 aprile 2010

La cognizione sociale a cura di Giuseppe Gendolavigna

I processi che permettono agli individui di conoscere la realtà sociale sono alla base dell’approccio della “social cognition” o cognizione sociale. Al centro di questo approccio sta il fatto che le persone, fin dai primi momenti della loro esistenza, hanno “bisogno” di conoscere la realtà che le circonda (costituita principalmente da altre persone), al fine di orientare il proprio comportamento in modo adattivo all’ambiente in cui vivono. (A.Polmonari e altri, 2002).

La concezione di base di questo approccio sottolinea che l’individuo è un organismo pensante, un elaboratore attivo delle informazioni, che riceve dall’ambiente in cui vive, che costruisce conoscenze facendo riferimento per gli autori principalmente o ai processi psicologici “freddi” (cognitivo-razionali), o ai processi psicologici “caldi” (motivazionali, affettivi) o al rapporto tra i due.

Alla fine degli anni ’50 e per tutti gli anni ’60 il comportamento sociale è stato studiato con il presupposto che l’individuo sia prima di tutto un ricercatore di coerenza, un animale razionale che cerca la coerenza (teoria della dissonanza cognitiva di Festinger 1957).

Successivamente il modello dell’individuo elaboratore di informazioni ha preso la forma dello scienziato ingenuo, che ha bisogno di catalogare gli oggetti, di prevedere gli eventi, generalizzare e rendere semplice il complesso.

La necessità di far ricorso a scorciatoie di pensiero o euristiche ha un fine utilitaristico e non intenzionale. Taylor (1981) ha sviluppato un’altro modello dell’uomo elaboratore di informazioni a quello dell’economizzatore di risorse cognitive. (pregiudizi e stereotipi apparterebbero a questo modello di funzionamento e non sarebbero influenzate socialmente, un’economia della mente che spesso si trasforma in avarizia del cuore)

Tuttavia questa corrente di pensiero deve fare i conti fra le competenze della mente e le sue prestazioni e abbandonare in qualche maniera il concetto che l’uomo funzioni solamente come un elaboratore attivo, ma che a differenza di un elaboratore, viene influenzato dall’ambiente almeno in merito alla motivazione a funzionare.

Gli studi vengono rivolti, attualmente, non più allo studio del comportamento, ma all’azione e alla natura funzionale della cognizione: “thinking is for doing” W.James.

IL SOCIO-COSTRUTTIVISMO E LA SCUOLA EUROPEA

Il socio-costruttivismo si sviluppa nel tentativo di superare l’approccio teorico individualista della social cognition, il nuovo paradigma è centrato sui processi di costruzione sociale della conoscenza all’interno di interazioni e scambi comunicativi tesi a dare significato e senso alla realtà.

Il processo di categorizzazione, ad esempio, non è inteso solo un processo mentale volto ad organizzare e comprendere la realtà, ma piuttosto un fenomeno sociale prodotto dal rapporto fra gruppi sociali differenti. Le caratteristiche di un individuo vengono in questo modo valutate comparandole a quelle del suo gruppo di appartenenza, così che valutando una persona che non si conosce molto si tende ad attribuirle i tratti personologici della categoria in cui la si colloca, la nostra stessa identità dipende in parte dall’appartenza ad un gruppo sociale secondo la teoria dell’identità sociale di Tajfel (1981).

La psicologia sociale in Europa, alla fine degli anni sessanta, recupera la dimensione sociale della disciplina, sottolineando di nuovo l’importanza dell’ interdipendenza degli individui e non semplicemente dell’intersoggettività è il livello simbolico dello scambio fra le persone che attribuisce senso all’azione e al comportamento degli individui e dei gruppi.

Le rappresentazioni sociali di Moscovici e l’identità sociale di Tajfel sono le teorie d riferimento della psicologia sociale europea (1972).

La persona vista attraverso queste teorie può essere compresa unicamente nel contesto della vita sociale. Siamo pertanto attori nella produzione e nella riproduzione del nostro ambiente sociale e non prodotti passivi della società, la persona si vede qui riconoscere una natura sia sociale sia psicologica (Burr,2004)

Consideriamo l’importanza che ha nell’uomo la capacità di produrre oggetti e simboli in grado di veicolare significati al di là del contesto spazio-temporale immediato, in riferimento al linguaggio e alle altre forme di espressione della comunicazione umana capaci di trascendere la realtà. Le origini di questa teoria possiamo ritrovarle già nella Voelkerpsichologie di cui W.Wundt (1832-1920) fu un illustre esponente. Lui considerò la studio dei fenomeni collettivi come uno studio separato dalla psicologia dell’individuo; il primo appartiene alle scienze sociali e umane ed il secondo alla scienze naturali e biologiche. Dal momento che i processi mentali superiori non possono essere studiati sperimentalmente l’autore crea questa dicotomia.

I temi di studio dei fenomeni collettivi erano il linguaggio, le religioni, i miti, i fenomeni magici, cioè la cultura. Per Wundt la cultura non riguarda l’individuo ma la comunità ed è qualcosa che va al di là della consapevolezza degli individui, ma al tempo stesso li ingloba.

“Il contesto sociale non è altro che il sistema simbolico di una certa cultura continuamente alterato dall’ intervento umano. Il contesto non è riducibile alle relazioni interpersonali, intese ambiente, possibilmente fisico, in cui avviene lo scambio di informazioni. Esso è la pre-condizione del comunicare, un ordine simbolico in cui l’azione diventa significativa e, per questo, significante. Infatti gli attori sociali si scambiano significati, non pezzetti d’informazione.” (G.Mantovani, 1995)

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